mercoledì 24 ottobre 2012

Io e la Psicoanalisi

Posso dire che sono  cresciuta con il mito della psicoanalisi.
Tra mio padre e mia sorella, mia zia Linuccia e mia cugina Eva , la psicoanalisi è sempre stata considerata il passepartout della vita.
Libri con le tipiche copertine beige  occupavano gli scaffali della nostra libreria e i comodini delle stanze da letto e non a caso credo mia sorella si sia laureata proprio in questa disciplina.

Io non ho mai letto un libro di psicologia, né tanto meno mi sono informata su questa materia  ma è come se le nozioni più importanti fossero rimaste nell'aria tra il corridoio e il salotto, tra la cucina e la camera da letto e inevitabilmente fossero state assorbite da tutti gli inquilini.
Così sono cresciuta: senza fede se non nel Dott. Freud.

Nel Giugno 2010 decisi che era arrivato anche per me il momento di sedermi su quel celebre lettino.
Era evidente un mio disagio e non potevo più addurre scuse per non andarci: tempo, soldi, impegni.
Era il momento e lo sapevo.
Così chiamai un consultorio e presi un appuntamento, per il sabato seguente.

Ed io quel sabato ci andai, alle 9 in punto ero li seduta sulla sedia in sala d'attesa, decisa come un leone, intimorita come una lepre.
Mi sudavano le mani e mi chiedevo che cavolo gli racconto io a questa. Come le spiego il mio malessere e se poi istintivamente mento, lei se ne accorgerà?
- Signorina, prego può entrare.-
Con le mani sudate e una maschera in volto entro fiera a testa alta e mi siedo di fronte a lei.
Nella stanza una scrivania e due sedie da entrambi i lati; del lettino nemmeno l'ombra, per quello devi sborsare il centone altrimenti ti attacchi.
Inizio a parlare e sono passati quasi tre anni senza smettere di parlare.
Adoro la mia ora di analisi; è mia, solo mia e dico tutto quello che ho bisogno di dire.
Ho pianto, ho riso ho sbuffato; mi sono arrabbiata, mi sono avvilita mi sono disillusa su quella sedia.
I risultati a distanza di anni li ho visti e sentiti sulla mia pelle ma non si toccano sul momento, sono impercettibili e sembrano sempre non arrivare mai.
Ma io non andavo li in attesa di un risultato andavo li per capire e spiegare a me stessa, con la mia voce, quello che non andava e il perché.

Se penso alle mie sedute passate mi viene una gran tenerezza nel vedermi in quella seggiola. Mi verrebbe voglia di farmi una carezza e di dirmi che stavo facendo la cosa giusta ma in quel momento ero davvero sperduta. Un mal di pancia e una tristezza celata erano le uniche sensazioni che accompagnavano le mie giornate ma evidentemente c'era anche la voglia di fare chiarezza e aiutarmi.

Sono fiera del mio percorso e consiglierei a chiunque di affrontare la psicoanalisi.
Non è necessario avere grandi traumi o evidenti problemi per chiedere l'aiuto di uno psicologo.
E' semplicemente un percorso in noi stessi per apprendere l'arte di vivere con se stessi e non di sopravvivere come fa la maggior parte della gente.

Ora credo che sono arrivata quasi alla fine di questo percorso. Me ne accorgo dal fatto che ho molto poco da dire a differenza di prima. Dopo tanto parlare e dopo chili di carta consegnata con i miei sogni scritti nero su bianco posso dire che sono arrivata al termine di questo percorso. E non so se mi dispiace più per il cambiamento che a breve arriverà o perché nella "guarigione" si è perso un po di me.
Quella cartellina piena dei miei sogni, delle mie paure e dei miei desideri  verrà archiviata, dimenticata e non servirà più a nessuno, nemmeno a me.



"Tutti coloro che desiderano essere più nobili di quanto la loro costituzione non permetta soccombono alle nevrosi;  sarebbero stati più sani se fosse stato loro possibile essere peggiori." Sigmund Freud


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