martedì 25 giugno 2013

Una valida alternativa

Frustrazione : delusione per mancato appagamento di un'aspettativa, sensazione di inutilità, di umiliazione.

Questa è la definizione che da il vocabolario e questa è anche  la definizione del mio stato d'animo attuale.
Mi rendo conto che è esattamente quello che provo appena entro in ufficio alle ore 10.00 e me ne libero (o meglio, è quello che credo) alle 19 quando esco.
E' una sensazione che ho iniziato a provare  quando mi hanno assunto. Ho pensato che fosse passeggero che dovevo dare il tempo per conoscermi e apprezzarmi.
Aspettando inutilmente e giustificando per comodità l'atteggiamento del mio capo sono passati 7 anni.
Certo qualcosa è cambiato dal primo giorno ma poco o niente.
Ho lottato per guadagnarmi un ruolo qui dentro, ci ho messo tutta la mia volontà e disponibilità ma non è servito a niente. Sono stata marchiata dal primo giorno e quell'etichetta non me la sono più tolta.
Quando la mia collega è andata in maternità ho pensato poteva essere la mia grande occasione. Potevo dimostrare al mio capo quello che valevo  e che potevo supportare il lavoro di entrambe.
Così è stato ma senza grossi cambiamenti. Non si è accorto di me, né prima né ora.
Ho pensato pure che fosse colpa mia. Ho messo in discussione le mie capacità ma non è così; al di fuori del mio capo nel mio lavoro sono apprezzata e stimata. La  mia collega so che mi apprezza molto come i nostri clienti e fornitori. Al di fuori dell'ufficio ho dei buoni amici che mi apprezzano.
Dunque non posso essere io il problema, temo che sia lui, il mio capo ad essere semplicemente uno sciocco e un vile.
Il suo atteggiamento a dire al vero, è  sgradevole anche con la mia collega , per non parlare con la signora delle  pulizie con cui sfoga vigliaccamente tutta la sua rabbia
C'è una sorta di gerarchia qui dentro ed io sono nel mezzo.

Ho provato a non rispondere, a rispondere, ad essere indifferente, ad essere gentile e ad essere seccata. Il risultato è stato sempre lo stesso. Ora sono in balia dei miei stati d'animo perché qui dentro è facile che la serenità passi in un istante.
La vera arte è essere astuti e fregarsene ma è facile a dirsi non a farsi. Il lavoro è qualcosa che ti coinvolge perché occupa 9 ore della tua vita, ruba il tempo e spazio ai tuoi affetti più cari. Non è così facile fregarsene, non è così semplice uscire da qui e sorridere con il cuore leggero.

L'appagamento non è nemmeno economico perché prendo il minimo garantito dal contratto nazionale del commercio anzi con un livello nettamente inferiore alle mie mansioni.

Allora ho iniziato a pensare alle vite degli altri.
Penso a mia sorella, alla sua incoscienza per essere diventata madre senza avere né lei , né il suo compagno un lavoro fisso.
Penso a Veronica, un 'amica che ha trovato si un buon lavoro ma nel dipartimento cattolico che controlla la ricerca scientifica , l'etica. Lei , atea e di sinistra , difficile tapparsi le orecchie e la bocca.
Penso a Elena, un'altra mia amica, che lavora in Finmeccanica e probabilmente andrà in cassa integrazione perché chi ha potuto, ha mangiato senza pudore , lasciando per strada centinaia di famiglie e di gente onesta.
Penso a Gigi che è dovuto andare in Australia per seguire il suo sogno di ricercatore, a Pietro, biologo ora in Ecuador, a Diego che ha perso il posto di lavoro dopo 10 anni perché la società ha chiuso.
Penso a Chiara che ha un buon lavoro ma sogna la sua famiglia e i suoi amici intorno a lei ora che è mamma e si ritrova in un certo senso sola a Milano, penso a Daniele che ha perso il lavoro alla regione e avendo un figlio si è messo a vendere case. e penso a Stefania, 40 anni che dopo aver finalmente trovato un compagno che le volesse bene ha progettato una famiglia che non arriva e che probabilmente se ne dovrà fare una ragione

Esco per strada e il sole mi batte sul viso e il mio telefono  squilla  perché  c'è qualcuno a casa che mi aspetta. C'è il mio papà che non è mai stanco di sentirmi, una sorella con cui posso sfogarmi in ogni momento e una nipotina che mi sorride ogni volta che mi vede.
Allora faccio un bel sospiro e un sorriso.
Dopotutto non ci sono solo le 9 ore in ufficio, la mia vita è anche fuori e soprattutto ho dei progetti e degli hobbies che proprio il mio lavoro mi permette di seguire.
Ognuno di noi è frustrato in una certa misura e ognuno di noi deve affrontare situazioni sgradevoli.
Penso tutto sommato mi è andata anche bene perché la mia insoddisfazione è ristretta in un determinato ambiente che mi appartiene fino ad un certo punto. Una volta che sono le 19 posso uscirne e fare una pausa.
Un giorno potrei anche rimpiangere un posto di lavoro come questo, perché di opportunità ce ne sono davvero poche in giro. Ho un contratto in mano, che nonostante sia ingiusto , mi da la possibilità di sognare il mio futuro, in tempi come questi che anche pensarlo è già un lusso.


"Noi psicoanalisti non eliminiamo le cause determinanti delle nevrosi: ci limitiamo ad aiutare il paziente a trasformare  meglio le frustrazioni nevrotiche in valide compensazioni"  H. Deutsch




giovedì 20 giugno 2013

Lino Pannolino

Tutto ha inizio in una fabbrica di pannolini, lontano dalla città.
Migliaia di pannolini ogni giorno venivano creati da morbidi e profumati batuffoli di ovatta lavorati dalle mani sapienti di Maya l'Operaia .
In ceste di vimini tra  essenze e fiori di lavanda venivano riposti i pannolini in attesa di essere confezionati e affidati alle famiglie.
Tutti sapevano nella fabbrica l'importante ruolo di un pannolino che veniva trattato quindi con rispetto e gratitudine.
Anche Lino lo sapeva, glielo avevano raccontato i suoi fratelli più grandi partiti qualche settimana prima.
Sapeva che presto sarebbe partito anche lui  per una nuova casa, per prendersi cura di un bambino.
Avrebbe avuto finalmente una famiglia, una cameretta dai toni pastello e una mamma.
Si chiedeva impaziente se fosse vero quello che si raccontava sulle mamme, che erano tutte dolci, buone e belle, tanto belle.
Si immaginava cassetti profumati, pigiamini morbidi e carrillon da melodie incantevoli.
Era ancora presto però per Lino, purtroppo bisognava ancora aspettare ma sarebbe partito presto e questo era sufficiente per farlo sognare.

Un giorno il vecchio e cattivo Rosario il Proprietario entrò con irruenza nella stanza dei pannolini.
Senza dire nulla, svuotò una decine di ceste direttamente in una grande scatola di cartone.
Tutti i pannolini , compreso Lino, si svegliarono di soprassalto . Erano spaventati e intimoriti, cosa sta succedendo - si chiedevano terrorizzati - e dov'è Maya? Dove ci stanno portando?
L'uomo chiuse frettolosamente la scatola con un nastro adesivo , la buttò in fondo ad un furgone e partì.

Nella scatola tutti i pannolini si agitavano e piangevano. Erano malmessi e ad ogni curva del furgone venivano sbattuti da una parete all'altra della scatola. Rimpiangevano Maya, le sue morbide mani e le soffici ceste di vimini. Tutto sembrava svanito nel buio e nella paura di quel terribile viaggio.

Improvvisamente il furgone si fermò e presto la scatola fu sbattuta nuovamente a terra. Un altro urlo per Lino pannolino perché la base del cartone iniziò a bagnarsi.
Lino era terrorizzato doveva fare qualcosa. Tutti sapevano che uno dei più grandi nemici dei pannolini era proprio l'acqua che li annientava e li rendeva inutilizzabili ; e se un pannolino non  può prendersi cura di un bambino viene buttato.
In pochi istanti l'acqua bucò il cartone e Lino fece appena in tempo a uscire per evitare gli schizzi. Cadde sotto il furgone e perse i sensi.

Passò qualche ora e Lino Pannolino si svegliò.
Si guardò intorno e non capì. Non era in fabbrica da Maya l'operaia e nemmeno dentro la scatola nel furgone. Era solo, per strada, perso.
Ricordò il brutto incidente dell'acqua e capì che il furgone con  i suoi fratelli se ne era andato senza di lui, era solo ora, abbandonato.
La disperazione fu tanta che Lino Pannolino non riuscì a trattenere le lacrime. Cosa mai farò qui - si domandava- non troverò più la strada per tornare da Maya e non avrò più una famiglia e un bambino da accudire. Non avrò mai una mamma che si prenda cura di me. Sono solo, è finita.
Sconsolato e triste provò ad andare sul ciglio della strada per leggere i cartelli. Nessuna direzione poteva andare bene, perché non aveva un posto dove andare, nessuno che lo aspettava né una casa né una mamma.
Lino pianse, tanto e ininterrottamente.

Ehi tu? Che ti piangi disperato così?
Vattene via lasciami in pace- rispose Lino-
Ci sarà pur un motivo per stare così male e se c'è un motivo ci sarà pure una soluzione!
Lino, smise di piangere. Eh? Ma chi ha parlato? -si domandò. Chi sei? - chiese-
Sono Lola Cocacola, e tu sei nella mia casa.
Non che tu non sia il benvenuto, ma  voglio sapere chi ti ha fatto piangere così.
Lino avrebbe voluto essere grande abbastanza per non far vedere il dolore che dentro lo opprimeva, ma la solitudine, lo spavento e la voce dolce di Lola Cocacola gli impedirono  di crearsi una corazza ; raccontò la sua storia.
Lola, rimase colpita dalla bontà di Lino. non aveva mai conosciuto un pannolino ma si rendeva conto quanto fosse importante  che ritrovasse la strada di casa. Una bambino lo stava aspettando ed era questo che contava veramente.
Non preoccuparti, Lino troveremo una soluzione. Voglio aiutarti
Davvero stai dicendo Lola?
Ma si,certo, bisogna solo trovare una soluzione!

Che ci fai Lola in questo brutto posto? chiese Lino.
Questa come ti ho detto ormai è la mia casa. Mi hanno portato qui in questo bar dell''autostrada per essere comprata da qualcuno. Difficilmente vengo scelta per un bambino , piaccio molto a loro ma gli adulti mi guardano con un po' di diffidenza.Forse sono un po' troppo "frizzantina e sdolcinata" ma i bimbi mi amano e quando mi conoscono mi cercano in continuazione. Ma sono stata sfortunata, invece di finire in una bella famiglia, il tizio che mi ha scelto mi ha utilizzato direttamente uscendo dal bar e mi ha gettato qui per strada. All'inizio è stata dura, ho rischiato più volte di essere schiacciata ma alla fine mi sono fatta degli amici  e  sono rimasta qui.
Ma voglio aiutarti , e quindi ti accompagnerò nel tuo viaggio.
Sei gentile, rispose Lino, non vorrei però metterti così in pericolo .
Stai tranquillo Lino, so badare a me stessa!
Chiediamo a Betta un parere e in fretta però, siamo già in ritardo.
Betta? - chiese Lino.
Ma si, Betta Sigaretta, lei avrà sicuramente una soluzione. Eccola che arriva.
Ciao Betta senti che storia ho da raccontarti.........

Betta Sigaretta, era un mozzicone di sigaretta molto esperto. Ne aveva passate di tutti i colori ma era sopravvissuta e questo l'aveva resa forte e saggia, rispettata da tutti.
- Beh , si è una storia interessante -  borbottava tra una fumata e l'altra. mmmmmmm
Direi che cosa stiamo aspettando, partiamo no?
Ma come  anche tu vieni con noi? rispose Lino.
Ovviamente! E chi l'ha mai visto un bambino? Mi cacciano come se fossi la peste quando ce ne è uno nei dintorni, che antipatiche queste mamme!
Ma come Betta, io ne sogno una da sempre di mamma! - disse Lino - non posso crederci che sono cattive.
Si sono buone - disse Betta Sigaretta - ma solo se sono sole. Spesso davanti ad un bambino pur di non farmi vedere mi nascondono o mi schiacciano al muro.
Cara Betta - disse Lola - te l'ho spiegato mille volte che non ce l'hanno con te, le mamme sono solo premurose e attente alla salute dei bambini e tu...bhè si dai, non sei proprio innocua!
Ma senti un po' da che pulpito! anche tu cara non sei proprio sana come l'acqua....però a te ogni tanto te lo fanno vedere un bambino!
Ma solo alle feste ti ho detto - rispose Lola - gli altri giorni resto nel frigo!
Hai ragione, scusami - rispose Betta - sono solo di cattivo umore! da quando c'è Veronica l'Elettronica soffro della sindrome di abbandono!
Bando alle ciance, si parte!


Così il piccolo Lino pannolino,la doce  Lola Cocacola e la saggia Betta Sigaretta si incamminarono per l'autostrada , direzione: Roma
Le macchine sfrecciavano a grande a velocità e tutti e tre i nostri amici dovettero stare molto attenti a non farsi schiacciare.
Roma era ancora lontana ma camminarono senza fermarsi, sapevano che un bambino aveva bisogno di Lino e non c'era tempo per riposarsi.

Ehi voi dove state andando?
Chi è che parla? - si chiesero tutti e tre
Ma si sono qui, non mi vedete?
Piacere sono Erica, Erica Cartaigienica.
Ciao. piacere. Stiamo andando a Roma da un bambino. e tu?
Per carità non mi parlate di bambini.
Ero in macchina con la mia famiglia quando sono volata dal finestrino. Che ingrati questi bambini!
Dopo averli aiutati e accuditi , dopo avergli soffiato il naso, pulito la bocca e altro...ehm capite... mi hanno scaraventato fuori e non si sono nemmeno fermati.
Io ho provato a gridare, per farmi riprendere ma niente se ne sono andati.
A far bene agli atri poi ci si pente sempre, bleah!
Lola e Betta annuirono, anche loro in fondo erano state abbandonate e non se la sentivano di difendere adulti e bambini.
Ma Lino credeva fortemente nella bontà delle persone e non si arrese.
Cara Erica, a tutti può capitare di sentirsi soli e abbandonati, ma non è così. La vita è piena di imprevisti e difficoltà ma c'è sempre un amico su cui appoggiarsi , per ridere e anche per piangere.
Il destino ha voluto che ci fossimo noi a consolarti, ci conosci da poco è vero, ma siamo dei buoni amici e puoi contare su di noi da ora in poi. Che fai ti unisci a noi?
Non so cosa ci vengo a fare a Roma? - disse Erica - bhe...certo però...qui di sicuro non faccio proprio niente! Va bene mi unisco, qualcosa mi inventerò.

E roma apparì, bella, maestosa , elegantissima.
I nostri piccoli amici iniziarono a cercare un negozio adatto alla vendita dei Pannolini.
Ma Roma è grande e piena di pericoli. Riuscirono a difendersi dagli artigli di un gatto impiccione, dalle scope impazzite degli spazzini "se non sparite vi butto nel secchio a tutti e quattro" gli aveva urlato una di queste, dalle pozzanghere di fango ai motorini: bandito! gli aveva gridato Betta a uno di questi spaventata a morte.

Arrivarono a Villa Ada, poco lontano dal centro.
Si fermarono per riposare, erano stremati e non sapevano più dove andare.

Mi scusi, dico a lei? Urlò Erica.
Dite a me?
Si, ci può aiutare?
Non saprei proprio come posso aiutare un pannolino, una lattina, un fazzoletto e un mozzicone!
Sigaretta, se non le dispiace! - rispose Betta.
Va bene mi correggo, Sigaretta. Sono Simone il Piccione, come posso esservi utile?
Così va meglio - rispose Erica - molto meglio!
Caro Simone, sarebbe così gentile da indicarci un negozio per pannolini?
Lui è Lino, e un bambino a Roma, ha bisogno di lui.
Oh vi aiuterò sicuramente. Vedete quel piazzale con il cancello? Di fronte c' è un negozio specializzato nella cura dei bambini, possiamo provare li.
Venite, vi faccio strada.
Grazie Simone, lei è un piccione molto simpatico.

Lino pannolino entrò nel negozio e poco dopo la commessa lo mise in un piccolo cesto di vimini in vetrina. Non era in fabbrica con Maya ma finalmente poteva di nuovo sognare una famiglia.
Lola, Erica, Betta e Simone aspettarono fedeli nel piazzale, sperando che una mamma adottasse Lino.
Passarono le ore ma niente. Tutta la notte rimasero  di guardia a proteggere Lino.
Lui era li nella cesta triste e sconsolato; forse tutti i suoi sforzi erano stati vani e nessuno lo avrebbe preso con se.
Arrivò l'alba e tutti i suoi amici iniziarono a temere per l'umore di Lino.
Forse non si usano più i pannolini? - disse Betta.
Non dire sciocchezze - rispose subito Erica -  il lavoro sporco lo faccio sempre io e dopo  di me arriva spavaldo un pannolino che si prende tutto il merito. Non dubitate, Lino avrà presto una nuova casa, ne sono certa.

E Erica aveva proprio ragione perché nella mattinata passo una bellissima mamma si fermo in vetrina e guardò Lino.
Tutti smisero di respirare per l'agitazione, perfino Betta non buttava più nemmeno un anellino di fumo.
In silenzio, seguirono la donna passo per passo dentro il negozio, prese dalla cesta Lino e lo portò via con se.
Era donna bellissima, come Lino l'aveva sempre sognata , con i capelli lunghi e scuri.
Con lei una bambina dagli occhi color cielo e la bocca di rosa. Elena  si chiamava quella bella bimba che teneva felice Lino in mano.  Lino riuscì solo a dire grazie ai suoi cari amici che svoltò subito l'angolo con la sua nuova famiglia. Sparì in pochi minuti.

I nostri amici rimasero nel parco un po' tristi , Lino già gli mancava terribilmente ma era stato giusto così.
Ah che bel lieto fine!  - disse Lola
Mica tanto - ribattè Erica - e noi ora che facciamo. Visto? vedete a far bene agli altri? Ve l'avevo detto prima...
Ma smettila - disse Betta - che stavi in autostrada da sola, almeno ora sei a Roma!
Bell'affare....mmmmm...- Disse Erica

E tu?  Si tu Cocacola
Lola si girò. chi ha parlato? - chiese
Siamo qui nel bidone blu.
Perché non ti unisci a noi?
Li dentro? - ribatte - non ci penso proprio!
Ma come non credi nella reincarnazione? Magari presto diventi un chinotto!
Non ci penso proprio a diventare un Chinotto! - disse Lola un po' stizzita!
Va bene allora magari una Birra gran riserva!
Bhe io..veramente...
Ma che ci stai pure pensando? disse Betta
Saltaci dentro subito, c'è il futuro lì!
Bhe se non avete nulla in contrario....una Gran Riserva non sarebbe male....Grazie ragazzi per tutto. Vi voglio bene

Betta, Erica e Simone il Piccione iniziarono a camminare nel parco.
Caspita che fortuna Lola - disse  - Erica - sistemarsi così. Scoprire di punto in bianco di avere un futuro non capita di certo a tutti!
Hai ragione Erica - disse Simone - ma la fortuna è dietro l'angolo e prima o poi bacia tutti.
Prima poi che prima - disse un po' sconsolata Betta , a me poi non mi bacerà nessuno!
E mentre lo diceva, un signore adulto  sulla panchina la prese in mano e l'avvicinò alla bocca per farsi una bella tirata.
Finalmente - disse Betta - era da un po' che nessuno mi apprezzava così!
Ragazzi andate pure, resto qui con lui, siamo fatti l'uno per l'altro lo sento!

Ciao Betta, divertiti! - dissero Simone e Erica.

Si sta facendo tardi, è quasi il tramonto, devo tornare al nido dai miei piccoli - disse Simone.
La loro mamma è morta e solo io posso prendermi cura di loro. Tu che farai Erica?
Non lo so ancora, ma tu vai non ti preoccupare per me.
Potresti darmi una mano con i bambini! - disse Simone. Sono soli e io posso procurargli il cibo ma non posso accudirli come una mamma. Tu in fondo sei morbida e tenera.
Io  ma quando mai - disse erica - sono una zitella acida e antipatica.
Se fossi stata cattiva non avresti mai aiutato Lino Pannolino. Sei arrabbiata perchè ti hanno abbandonata ma sotto sotto nascondi un cuore d'oro.
Dici sul serio? - disse Erica commossa.
Certo - disse simone il Piccione.
Con il suo grande becco, Simone prese Erica con se e volarono insieme sopra i tetti di Roma.
Una nuova vita aspettava Erica come il resto della compagnia.
Tutti i nostri amici trovarono l'amore e quindi la felicità.

Una favola per ricordare che non bisogna mai smettere di sognare nella vita perché è la linfa che ci tiene in vita.
Forse a volte la fortuna tarderà ad arrivare e non sempre ciò che accade è bello e piacevole, ma tieni stretto ciò che per te conta veramente e il resto non preoccuparti , lo puoi anche perdere per strada, sarai solo più leggera e veloce nella ricerca della tua felicità.



Dedicato a mia nipote Elena, un sogno divenuto realtà.






















venerdì 14 giugno 2013

Pietro

Chiara ha partorito, oggi, adesso.

E' stato un parto abbastanza veloce in fondo, l'hanno ricoverata ieri mattina e oggi all'ora di pranzo è finito il travaglio e Pietro è tra noi.
Sta bene il bambino, pesa 3,750 kg
Anche la mamma sta bene, un po' provata ma ora è ok

E' stato un giorno difficile per me.
L'avevo chiamata ieri mattina per sapere a che punto era e ha fatto in tempo a rispondermi  per un soffio perché era già in accettazione per essere ricoverata.
Da quel momento  ansia e agitazione si sono impadronite di me.
Sono stata tutta la giornata in  ufficio e poi a casa ma con la testa e con il cuore a Milano, accanto a lei.
Ho sofferto all'idea di quello che stava passando e me la immaginavo in quella stanza di ospedale con le infermiere.

Ora sta bene e anche io provo un respiro di sollievo.
Questo evidentemente è ciò che si dice di una bella amicizia, quando si soffre e si gioisce insieme.
Vorrei tanto stare li con lei, tenerle la mano e salutare il piccolo Pietro. Ma il lavoro e gli impegni non me lo permettono. Da anni Chiara vive a Milano e non posso prendere un treno al volo e correre da lei. Lo vorrei tanto ma ora è impossibile.

Da oggi la vita di Chiara cambierà e anche le sue priorità
Anche il nostro rapporto cambierà, forse sarà meno presente e questo mi spaventa.

Chiara è l'amica con la A maiuscola. E' presente , sempre , è saggia e amorevole. E' severa quando serve , spiritosa e anche un po' pettegola.
Ama le scarpe i vestiti e ultimamente, non so perché, le tende.
Ha i capelli frisé che tiene a bada con la piastra, una taglia 42 perfetta e un piedone da 40.
Vive a Milano da molti anni, ha un marito, un buon lavoro e una bella casa.
Le invidio la sua saggezza, la sua volontà e l'estetista Walda che fa una brasiliana da urlo

Noi siamo amiche dai tempi della scuola. Ci hanno messo allo stesso banco quando sono arrivata in quarto liceo. Lei era sola in prima fila, perché il resto dei compagni erano dei perfetti idioti e con nessuno aveva veramente legato.
Inizialmente la trovavo noiosa perché mi sembrava troppo timida e troppo perfettina per me. Ma è bastato poco tempo per conoscerci nel profondo e già alla fine dell'anno eravamo inseparabili.
Gli anni sono passati e entrambe abbiamo avute le nostre piccole batoste, ma l'altra c'era sempre e ora siamo qui, come due sorelle.

Oggi lei è mamma e spero che continuerà a volermi bene come sempre.
Perdere Chiara sarebbe perdere una buona parte della mia serenità, è  la parte migliore di quello che ho seminato negli anni e mi fa sentire una bella persona.

Una volta ho letto che una persona si giudica dagli amici che ha, dunque sei tu Chiara che mi rendi speciale.
Auguri amica mia, sarai una mamma stupenda.






giovedì 6 giugno 2013

Sempre mezzo pieno, sempre!

Esco per andare a lavoro.
Sono in motorino pronta ad incominciare una nuova giornata.
Primi clacson appena scatta il verde , neanche il tempo di mettere la mano sul manubrio che già quello dietro di me si spazientisce.

Altro semaforo, questa volta è lungo e inizio a guardarmi intorno. Mi accorgo che Roma è tappezzata di manifesti per il ballottaggio del sindaco. Povera Roma quanto sei sporca.
E quello che scrivono in campagna elettorale è ancora più avvilente di dove li attaccano. "Marino è contro la famiglia", "Roma cambia, Alemanno Sindaco" (ma chi c'è stato al campidoglio gli ultimi 4 anni? O_o) "Con Marino più tasse per tutti".
E penso che Ignazio Marino ha indiscutibilmente sporcato Roma ma almeno i suoi manifesti non denigrano in modo falso e irrispettoso l'avversario. Essere medico a favore delle staminali , delle coppie di fatto e dei gay vuol dire essere contro le famiglie? Si può non condividere certe ideologie ma ci si deve abbassare a tanto?

Continuo il mio tragitto verso l'ufficio, perché incredibile, ma sono ancora nemmeno a metà strada.
Mi fermo per fare benzina. Accosto alla pompa e aspetto il ragazzo di colore (ormai sono tutti extracomunitari ) che mi chiede quanto deve mettere.
Nel frattempo arrivano due macchine e allora il capo (italiano ovviamente) è costretto ad alzare il culo dalla sedia, dalla radio e dal calendario di Max con la tipa con due tette enormi di giugno.
Mentre il ragazzo sta finendo di servirmi il capo sbraccia alle 2 macchine di avanzare verso la mia pompa e strilla seccato "te voi levà"
Io mi giro basita convinta che stesse parlando con me. Ma quella merda di uomo non ce l'aveva con me e nemmeno era alterato. Era il suo tono solito per rivolgersi all'extracomunitario.
"Un momento che modi!" dico io difendendo l'extracomunitario, ma è tutto inutile. Il proprietario ha iniziato a scusarsi dicendo che quelle parole non erano rivolte a me (ci mancherebbe..) e io non ho fatto in tempo a salutare e ringraziare l'extracomunitario del servizio che già era impegnato con l'altra macchina.
Risalgo in motorino e riparto.
Certo che modi, pensavo tra me. Io mi lamento del mio capo e guarda tu , in certi posti come si permettono di trattare la gente.

Arrivo a Porta Pia, sono a metà strada!
Un anziano in macchina tenta di accostare in seconda fila senza mettere una freccia. Va piano e non si decide a fermarsi. Tre motorini e due macchine iniziano a suonare e insultare quel povero uomo.
Il mio pensiero è andato subito a mio padre che ha 73 anni e che sarebbe potuto benissimo essere lui alla guida di quella macchina e l'idea di quegli insulti mi ha fatto rabbrividire.

Via del Quirinale, piazza Venezia, corso Vittorio Emanuele, come sempre. Taxi che guidano come se fossimo in pista e turisti terrorizzati che non osano attraversare la strada speranzosi che prima o poi qualcuno si fermi per farli passare, d'altronde sono sulle strisce...

Arrivo a destinazione  e parcheggio il motorino.
Sono triste perché quello che mi è accaduto finora è la regola, la normalità.
Mi sento avvilita perché io non voglio far parte di questa gente ma forse è la vita che ti ci porta ad esserlo e
se non impari non sopravvivi.
D'altronde anche il mio capo pur di non farmi andare in maternità mi butterebbe dalle scale.

Che schifo, che vita di merda!

Prendo la borsa e mi dirigo verso l'ufficio quando una cosa cattura improvvisamente la mia attenzione...






C'è qualcosa di confortante in quello che vedo e subito mi sento meglio.
Nonostante il terreno arido e la sporcizia intorno  c'è qualcosa di più forte e bello che cresce senza paura.
Mi sento meglio, e il mio bicchiere diventa improvvisamente mezzo pieno.